"Se le previsioni attuali sulla crescita demografica si
riveleranno accurate e se le modalità dell'attività umana sul pianeta resteranno
invariate, la scienza e la tecnologia potrebbero non essere in grado di
prevenire il degrado irreversibile dell'ambiente o la condizione costante di
povertà per gran parte del mondo... Alcune modificazioni dell'ambiente possono
produrre danni irreversibili alle capacità della Terra di sostenere la vita.
Il ritmo complessivo della modificazione ambientale è stato senza dubbio
accelerato dalla recente espansione della popolazione umana...
E' in
gioco il futuro del nostro pianeta"

U.S. National Academy of Sciences e Royal Society of London, 1992
"Gli esseri umani e la natura si trovano in rotta di
collisione ... La capacità della Terra di provvedere a quantità crescenti di
persone ha un limite ... e ci stiamo velocemente avvicinando a molti dei limiti
della Terra. Le pressioni derivanti dalla
crescita demografica
incontrollata
avanzano delle pretese sul mondo naturale che possono
sopraffare qualsiasi sforzo di raggiungere un futuro sostenibile ... Non
rimangono che pochi decenni prima che vada perduta l'opportunità di allontanare
le minacce che incombono su di noi e che venga compromessa oltre misura la
prospettiva per l'umanità"
Union of Concerned Scientists, 1992, firmata da 1680 esponenti scientifici di 70 paesi, compresi 104 premi Nobel
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Gentile navigante…

…grazie per la tua visita. Sei capitato in uno spazio virtuale nato per sensibilizzare ed informare, per testimoniare e denunciare lo stato di degrado dell’ecosistema inteso come insieme di tutte le forme di vita, Homo Sapiens ovviamente incluso. Ma anche per fare delle proposte. I tuoi commenti sono dunque preziosi e benvenuti al fine di dare insieme forma all’econonviolenza. Se vuoi contattarmi, per qualsiasi motivo, puoi usare il seguente indirizzo e-mail: fabargo2004@yahoo.it

domenica 16 dicembre 2007

IL SOLISTA FOR PRESIDENT!

Il titolo di questo post è scherzoso ma l’editoriale, che segue, del Prof. Luigi De Marchi muove il mio spirito a segnalare il Solista quale unico reale pensatore libero e radicale del panorama culturale italiano. Mi onoro di essergli amico e di poter offrire in anteprima sulla rete l’editoriale che andrà in onda domani mattina sulle frequenze di Radio Radicale, intorno alle ore 9.00

Scrive il Solista:

Salman Rushdie, nel suo recente libro “Superate questa linea” edito da Mondadori ha ripubblicato una bellissima lettera scritta nel ’99 al “bambino numero 6 miliardi” nato appunto in quei giorni, aggiornandola con un’importante rettifica.
Quella lettera era un coraggioso e solitario atto d’accusa non solo contro il fondamentalismo islamico che, com’è noto, lo aveva condannato a morte per il suo romanzo “I versetti satanici”, con una “fatwa” di Khomeini, costringendolo a vivere il resto della sua vita nell’angoscia d’essere assassinato dai seguaci fanatici dell’ayatollà, ma contro tutte le religioni, o almeno di quelle, e sono la maggioranza, che si sono trasformate in gendarmi del comportamento personale di ogni essere umano e, quando potevano, anche del suo pensiero.

Di quella lettera vorrei anzitutto segnalare la denuncia della drammatica minaccia dell’esplosione demografica: una denuncia che è particolarmente coraggiosa e apprezzabile non solo perché proviene da un mondo culturale dove tutte le celebrità osservano da decenni, in materia, un silenzio servile e omertoso, ma anche perché individua chiaranente le radici sessuofobiche dei folli divieti clericali alla contraccezione.
“Per effetto di queste fedi dogmatiche – scrive Rushdie – si è rivelato impossibile, tra l’altro, impedire che i numeri della razza umana si gonfiassero fino a proporzioni allarmanti. La colpa dell’odierno, drammatico sovraffollamento del pianeta, dobbiamo dunque darla, almeno in parte, alla stoltezza delle guide spirituali dell’umanità. Così, se troppe persone stanno oggi nascendo, per effetto dell’ostilità delle religioni al controllo delle nascite, troppe altre ne stanno morendo perché la cultura religiosa ha rifiutato di affrontare la realtà della sessualità e della procreazione umana”.

Rushdie sottolinea poi l’invadenza delle gerarchie religiose nel campo morale:
“Come dobbiamo vivere ? Quali sono le cose giuste da fare, e quelle sbagliate ? Bisogna decidere se debbano essere i preti a elargirci la legge. A mio parere la religione, anche la più sofisticata, infantilizza il nostro io etico fissando infallibili Giudici morali e irredimibili Tentatori morali al di sopra di noi. E ci dice: come potrete compiere scelte etiche senza un regolamento o un giudice divino ?”
E giustamente Rushdie riconosce che l’etica laica comporta un percorso più faticoso dell’incondizionata accettazione d’una norma morale via via dettata dall’autorità religiose. “E’ un percorso più accidentato – scrive - ma è anche la sola via alla saggezza che valga la pena d’imboccare.
Insomma, con una franchezza e un coraggio davvero unici tra le star della cultura odierna, Rushdie formula il suo atto d’accusa contro le gerarchie religiose. Tuttavia, riconosciuti a Rushdie i suoi grandi meriti, sento anche il dovere di segnalare due grandi limiti della sua storica lettera.

In primo luogo Rushdie, che nella prima edizione del documento, nel ’99, aveva respinto gli assunti centrali dell’opera di Samuel Hungtington “Lo scontro delle civiltà”, dichiara oggi di accettarli:
“Ho sostenuto a lungo – scrive – che la maggior parte dei musulmani non ha alcun desiderio di prender parte alle guerre di religione…Col passare del tempo, però, sono stato costretto a riconoscere che la maggior parte dei cosiddetti ‘musulmani comuni’ sembrano aver accettato, purtroppo, le fantasie paranoidi degli estremisti e sembrano spendere più energie a mobilitarsi contro i vignettisti o i romanzieri o i papi, che non a condannare o espellere gli assassini nazisti presenti tra loro. E se, dunque, questa maggioranza silenziosa consente che una guerra fanatica venga condotta in suo nome, allora, in definitiva, di quella guerra essa diventa complice”. Anche a Rushdie, dunque, lo scontro di civiltà appare oggi inevitabile.

Ma mentre questa inevitabilità, con buona pace di Rushdie e Huntington, non dipende da una realtà oggettiva e immodificabile, ma solo dal fatto che le dirigenze politiche liberali sono state incapaci di affrontare il fanatismo coll’unica arma capace di sconfiggerlo (dato che l’arma militare, come dimostra l’esperienza afgana e irakena, lo moltiplica): e cioè diffondendo tra i giovani e le donne del mondo islamico, attraverso massicce campagne mediatiche, i coinvolgenti messaggi di libertà non solo politica ma anche amorosa, educativa, musicale e religiosa delle società liberali. Del resto, questa impotenza del mondo liberale mi sembra un corollario inevitabile d’un assunto centrale dello stesso Huntington, enunciato all’inizio del suo celebratissimo libro: “La fede occidentale nell’universalità dei principi liberali è falsa, immorale e pericolosa”. Anche da quest’assunto sciagurato, forse, sono nate la rinuncia dell’Occi-
Dente a diffondere gli ideali liberali coi mezzi mediatici potentissimi oggi disponibili, e, con essa, la rassegnazione a tradirli. Ma duole vedere come Rushdie, nella sua resa incondizionata al pensiero di Huntington, di quell’assunto disfattista accetti di diventare complice.

Il secondo, grande limite del “manifesto laico” (come qualcuno l’ha chiamato) di Salman Rushdie sta nel fatto che, alla dimensione religiosa dell’educazione tradizionale, egli sa contrapporre solo, come tanti altri laici, un’educazione fondata sulla razionalità e sulla scienza. Rushdie non sembra rendersi conto che la psiche umana ha un profondo bisogno di religiosità e d’infinito, che si esprime anche nella ricerca scientifica e artistica e che non può trovare risposta nella freddezza della razionalità e nella scienza meccanicista oggi prevalente. Proprio la crisi della religione e della scienza tradizionali, viceversa, può offrirci oggi l’occasione d’una risposta unitaria al bisogno umano d’una spiritualità e d’una scienza non più chiuse nel dogmatismo religioso o meccanicista.

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